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Lucido e appassionato. Natan Zach è un poeta che raffredda il coinvolgimento emotivo con l'ironia, oppure esaspera il sentimento in un gesto istrionico che ne toglie qualsiasi effetto patetico. Come scrive Ariel Rathaus nell'introduzione a questo volume antologico, "Zach è un romantico che si dissimula, che capovolge l'emozione nel suo parodistico contrario". E tuttavia, osservata nella sua evoluzione nel corso dei decenni, l'opera di Zach è anche un progressivo, incessante tentativo di giungere alle radici stesse dell'esperienza umana, senza infingimenti estetici, mettendo sempre più a nudo la verità celata dall'incanto verbale della poesia. In un ebraico cristallino, che tocca in profondità l'odierno linguaggio discorsivo israeliano ma che per la sua intensità riesce a imporsi come una sorta di lingua sovratemporale, nei suoi toni mai declamatori Zach si è creato un vasto spazio di comunicazione letteraria nel quale esprime la sua ricerca interiore, la sua critica politica, il suo disagio, acuitosi con gli anni, nei confronti di un mondo nel quale si sente sempre più isolato e i cui spettri cerca di esorcizzare con le armi poetiche di cui è maestro.